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PATTO DI SANGUE

 

«Amico mio, quello che ho da raccontarvi ha dell’incredibile. Io non so bene se quello che vi dirò sia vero oppure frutto della mia immaginazione, ma voglio raccontarvelo così come lo ricordo, finché ho ancora davanti agli occhi quello che vidi in quella terribile notte.

Mi trovavo all’interno di un castello, per dei sopralluoghi. Dovevo curarne la vendita per conto dell’agenzia immobiliare per la quale lavoro. La conoscete, vero? Ma sì, quella in fondo a Temple Street. Ci lavoro da diversi anni ormai. Bene, dopo aver visitato e preso tutti gli appunti possibili immaginabili sul numero delle stanze, sul tipo e sul genere del mobilio, sui quadri e suppellettili varie, nonché la stima approssimativa del loro valore, decisi di scendere nelle segrete.

Il freddo e l’umidità penetravano nelle mie ossa, e non so davvero cosa mi convinse ad andare oltre e scendere in quegli oscuri sotterranei, ai quali si arriva percorrendo interminabili e scivolose scale di marmo.

Ascoltate ora bene quanto sto per dirvi, amico. So che mi crederete pazzo, ma vi assicuro che non lo sono, come sono sicuro che quello che vidi e udii non era di questo mondo.

Dunque, a un certo punto sentii delle voci venire dal profondo e sebbene trovai la cosa alquanto strana e a dir poco agghiacciante, continuai a scendere ancora.

Giunto nella grande sala sotterranea, vidi una moltitudine di persone molto ben agghindate. Sembravano dei nobili uomini. E vi erano anche delle donne, vestite al pari di contesse, se non addirittura principesse.

I loro volti erano bianchissimi e quasi riflettevano la luce delle torce.

Or dunque, mio caro amico, ascoltate ancora un poco, nella speranza di non annoiarvi oltremodo.

C’era una specie di altare e al di là di questo una donna vestita di nero, con un velo che le copriva il volto.

Al di qua invece, come fosse un matrimonio, una coppia. Sì, un uomo e una donna elegantemente vestiti.

Non chiedetemi come, ma ricordo ogni parola che fu proferita. Ascoltate ora. La donna, o la sacerdotessa, quella vestita di nero e con il volto coperto, iniziò la macabra cerimonia, o rituale, decidete voi quale termine sia migliore e disse esattamente queste parole:

“Dinanzi a voi tutti, fratelli e sorelle, con i poteri a me concessi dalla madre oscura Lilith, al cospetto del nostro sire di tutti i sire Caino, sono chiamata a celebrare questa notte l’unione di questi suoi  figli, affinché nelle tenebre si unisca la loro vitae. Un patto di sangue è qualcosa che dura fino alla morte ultima. Un patto di sangue è un legame che unisce due fratelli nella fiducia e nel rispetto della parola data. Un patto di sangue lega voi fratelli con una promessa, vi rende parte uno dell’altro e non c’è via di ritorno. Un patto fatto con il vostro sangue è fatto con la vostra stessa vitae”.

La coppia rispose all’unisono:

“È ciò che io desidero, è questa la mia strada. Innanzi al sire dei sire Caino, innanzi a tutti voi fratelli è questo il patto che voglio fare”.

La donna in nero riprese a parlare, e continuò le sue formule rituali:

“Vi fu un tempo in cui Lilith dagli occhi splendenti risvegliò nostro padre Caino. Si tagliò con un coltello e versò il suo sangue in una ciotola. Caino bevve, era dolce. Cadde nella tenebra più profonda. E nelle tenebre Caino fu tentato dall’arcangelo Michele:

Figlio di Adamo, figlio di Eva, grande fu il tuo crimine, e ciononostante grande è anche la pietà del Padre. Ti  pentirai del male che hai fatto, e lascerai che la sua pietà ti purifichi?”

Risposero i due:

“Non per grazia dell’Altissimo, ma per la mia io vivrò, con orgoglio”.

La sacerdotessa proseguì:

Michele lo maledisse dicendo: ‘Fintanto che camminerai su questa terra, tu e la tua progenie avrete timore della mia fiamma vivente che morderà a fondo e assaporerà le vostre carni’. E venne Raffaele dicendo: ‘Figlio di Adamo, figlio di Eva, Abele perdona il tuo peccato. Ti pentirai e accetterai la pietà dell’Onnipotente?’

La coppia rispose ancora:

“Non dal perdono di Abele, ma dal mio, sarò perdonato”.

Quindi ancora la donna velata:

“Raffaele lo maledisse dicendo: ‘Finché camminerai su questa terra, tu e la tua progenie avrete timore dell’alba, e i raggi del sole cercheranno di bruciarvi come fuoco sempre ovunque vi nascondiate’. E venne Uriel il mietitore, l’angelo della morte che disse: ‘Figlio di Adamo, figlio di Eva, Dio Onnipotente ti ha perdonato il tuo peccato. Accetterai la sua pietà e mi lascerai portarti alla tua ricompensa, non-più-maledetto?’”

E ancora risposero i due:

“Non per la pietà di Dio, ma per la mia, vivrò. Sono ciò che sono, feci ciò che feci, e quello non cambierà mai”.

La donna in nero continuò con le sue formule:

“Uriel lo maledisse dicendo: ‘Finché camminerai su questa terra tu e la tua progenie vivrete nelle tenebre. Berrete solo sangue. Mangerete solo ceneri. Ma non morendo mai, vivendo in eterno, camminerete per sempre nelle tenebre’.

Quando Caino si risvegliò vide le infinite possibilità nelle stelle, seppe che una via di potere, una via di sangue, era tutta per lui, da cui tutti gli altri sentieri sarebbero sorti. È da Caino che proveniamo, il sire di tutti i sire”.

Poi la sacerdotessa, o strega, o non so cos’altro fosse, prese un coltello e lo porse alla donna che si tagliò le vene del polso e fece sgorgare il suo sangue all’interno di un calice. Sì, avete sentito bene mio carissimo amico. E la stessa cosa fece l’uomo, dopo che la donna al suo fianco glielo porse. E mentre i due bevvero dal calice il loro stesso sangue, la donna in nero pronunciò una frase che accompagnava la macabra bevuta:

“E così Lilith, Lilith dagli occhi splendenti, mi risvegliò. Si tagliò con un coltello e versò il suo sangue per me in una ciotola. Bevvi. Era dolce”.

Poi si rivolse ai due e li ammonì così:

“Fratello, avete bevuto il sangue di questa sorella. Ora lei è in voi, scorre in voi ed è parte di voi. Non c’è ritorno da questo patto e così sarà fino alla fine dei tempi. Sorella, avete lasciato scorrere il sangue di questo fratello nelle vostre vene, lo avete accolto in voi e in voi resterà, come parte di voi stessa fino alla fine dei tempi”.

Proferite quelle parole, invitò i due a scambiarsi le reciproche promesse e intenzioni. Parlò prima l’uomo, il quale prese le mani della donna tra le sue e disse:

 

‘Angelo solitario, figlia eterna,

ardente fiamma del mio cuore,

sposa del colore delle nubi,

mi hai incatenato in questa fredda oscurità.

E in questo eterno oblio io mi abbandono.

Un oblio che non ha fine,

un sentimento che non ha nome,

che non ha tempo, che non ha spazio.

se v’è una cosa di cui ho certezza in questa mia non vita

è quella di volerla vivere insieme a voi

incatenati per l’eternità’.

 

La donna, fissando l’uomo dritto nei suo occhi scintillanti, espresse le sue parole:

 

‘Così tante volte vi ho sognato da indurmi a pensare che mai vi avrei trovato.

Ma un giorno vi ho scorto nei dolci silenzi dell’oblio,

nello squarcio delle tenebre voi siete apparso,

mi sono persa nei vostri occhi, nei vostri pensieri, nel vostro spirito.

E tutto ciò che sono è diventato vostro,

e tutto ciò che sarò voglio che vi appartenga.

Nell’oscurità delle ombre ove regna ciò che è più forte e più vero,

nell’assoluta consapevolezza che sono io quella che avete sempre cercato,

io che vi darò tutto quello che avete sempre voluto,

io che ho per voi il più grande rispetto e la massima fiducia,

perché voi colmate e completate la mia essenza;

è questo ciò che voglio, è questo per cui ardo è fremo.

Noi per sempre uniti in un unica essenza,

adesso e per sempre, cullati dalla notte

in un abbraccio che non avrà mai fine’.

 

Al termine delle promesse d’amore eterno, quali mai udii da essere umano, lo giuro, la donna in nero suggellò quella unione, non so dire se infernale o celestiale:

“Fratello, sorella, mi avete dato l’onore di celebrare questo patto di sangue. Di fronte a voi, di fronte ai nostri fratelli e in presenza di tutti quelli che sono giunti fin qui, attraverso questo vincolo sigillato dal vostro stesso sangue, vi dichiaro uniti nel nome di Caino. Possiate in eterno ricordare queste parole: un patto di sangue si estingue solo con la morte ultima.

Possano le mie parole accompagnarvi nelle tenebre, e nelle ombre indicarvi il cammino. Ricordate sempre le parole di Caino e la sua storia, ricordate sempre quanto sia importate il legame del sangue, leggete queste parole tratte dal canto di Zillah e fatene tesoro:

 

Lasciate che io narri

la storia di Zillah

prima amante di Caino,

prima sposa di Caino,

colei dal sangue più dolce

colei dalla pelle più soave

colei dagli occhi più chiari

sola tra i suoi figli,

Caino amò lei.

E lei ignorò il suo amore,

voltandogli le spalle

e Caino si tirò la barba,

e si strappò i capelli,

e vagò per la natura

di notte, pensando a lei,

ardendo per lei.

E Caino bevve la pozione,

poiché era innamorato,

di Zillah, colei dagli occhi chiari,

e tanto desiderava il suo amore.

Ti ho reso il signore di tutti

però non mi dimenticherai mai!

Il tuo sangue potente com’è,

ora legherà chiunque ne beva,

come tu facesti,

una volta ogni notte,

per tre notti.

Sei il signore,

saranno tuoi schiavi,

come tu sei il mio.

E benché Zillah ti amerà,

come desideravi,

tu amerai me, per sempre.

E così, molto depresso,

Caino tornò ad Enoch,

e ogni notte,

per tre notti,

Zillah bevve dal suo sire,

sebbene non lo sapesse.

E la terza notte,

Caino annunciò

che si sarebbe sposato con Zillah,

la sua più dolce bambina,

ed ella accettò.

 

Non dimenticate cari fratelli le parole di Caino stesso:  

‘Non abbracciare amore, perché amore nel mio abbraccio crescerebbe freddo, appassirebbe, e morirebbe’.

Sappiate quindi a cosa andate incontro con l’unione che avete accettato, sappiate sempre quanto è forte il legame del sangue che vi unisce e che sta al di sopra di ogni altra forza.

Che le tenebre possano avvolgere e guidare i vostri passi fratelli, ora potete andare, la vostra unione è sancita”.

 

Finito quel rito, sentii alle mie spalle una forza inaudita sollevarmi da terra e un dolore acutissimo trafiggermi il collo. Ecco, vedete? Ne porto ancora i segni. Questi due minuscoli forellini.

Ve ne prego, amico mio, datemi pure del matto, ma vi chiedo di credermi. Giuro sul mio onore che quanto vi ho raccontato corrisponde al vero.

Adesso, per favore, avvicinatevi ancora un poco. Voglio chiedervi un’ultima cosa.

Ho sete! Fatemi bere!»

 

 

(Liberamente ispirato al “Libro di Nod”)

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